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In caso di incidente nucleare con rilascio di radiazione, per poter sopravvivere bisogna seguire delle dettagliate regole stabilite da un codice di radioprotezione: cercarsi un rifugio in cui chiudersi; sigillare gli ingressi; fare una dieta ferrea priva di latte e formaggi freschi, insalate, carni e pesci; chiudere ogni impianto di ventilazione o riscaldamento.

Sette ragazzi hanno deciso di testare per un mese questo incubo: immaginandosi di essere sopravvissuti a un incidente nucleare, si sono rinchiusi in un unico posto seguendo tutti i regolamenti del codice, raccontando giorno dopo giorno le privazioni e i disagi che provano personalmente.

I pazzi siete voi. No, non è solo la risposta a quello che probabilmente state pensando; è anche il nome dell’iniziativa di questi ragazzi, che ha un proprio sito aggiornato quotidianamente con diari, video, lo streaming continuo delle loro giornate, e le varie informazioni sul progetto.

L’idea è interessante anche per la sua componente chiaramente provocatoria: i ragazzi si sono rinchiusi il 12 maggio e usciranno precisamente dopo un mese, quando avranno un motivo in più per andare a votare al referendum per il nucleare. Se a quel punto ci sarà, fra chi li ha seguiti online, qualcuno che avrà ancora voglia di votare NO (dicendo quindi sì al nucleare)… beh allora i pazzi non sono solo loro.
Sono anche pazzi nostri.

Visto su CaffèNews

Appena si seppe della notizia dell’ormai celebre video che smaschera i plagi di Luttazzi avevo pensato di scriverci qualcosa. Poi ognuno ha detto la sua, il video ha fatto il giro del web, e mi sembrava superfluo aggiungere altro. Fra l’altro dopo i due post sul suo rapporto coi Griffin (qui e qui) poteva sembrare che io ce l’avessi col comico quando, almeno fino a poco fa, lo stimavo profondamente. Ma una riflessione (di cui pure qualcuno avrà probabilmente già scritto) bisogna farla: al popolo del web non si sfugge. Una dei pregi di internet, e della sua interattività, e proprio questo: se dici  una sciocchezza sta sicuro che prima o poi la cybergiustizia ti becca. Anche se la sciocchezza la dici su un altro mezzo, giornale o televisione che sia. Il caso di Luttazzi, smascherato dagli stessi ammiratori, è esemplare.

Ma esemplare è anche il mettere alla gogna l’orwelliana manipolazione che il tg1 (e non solo lui) ha fatto per la notizia dei sette anni di carcere a Dell’Utri. Chi è abituato alla ricezione passiva della tv, si è subito il servizio e stop. Su internet no. Su internet queste cose subdole si notano e si fanno notare. Anzi, a volte il gioco tende a degenerare: lo sbugiardare crea una sorta di goduria intellettuale, tanto che a volte si esagera diffondendo notizie nemmeno accertate per il solo fatto che sembrano rivelare cose taciute dai tg ufficiali (due casi per tutti: l’emendamento D’Alia, e il recente emendamento 1707, che ancora circolano indisturbati nel web).

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Internet, si sa, è stata la rivoluzione di fine secolo.

Una delle professioni che ne sono state scosse è quella del giornalismo: il Sexgate segnò il primo goal del giornalismo online in una partita che non si sapeva nemmeno si stesse giocando. Accadde più o meno così: il Newsweek aveva uno scoop sensazionale sui favori sessuali ricevuti dal presidente americano Bill Clinton da parte di una stagista alla Casa Bianca. Era una storia tremendamente seria, quindi la redazione pensò di cercare ulteriori conferme prima di pubblicarla.
Ma anche nell’universo giornalistico vale l’adagio “il paese è piccolo, la gente mormora”, e così le indiscrezioni sull’articolo arrivarono alle orecchie appuntite di Matt Drudge, reporter indipendente che pubblicò sul suo sito sia la notizia, sia il fatto che il Newsweek avesse deciso all’ultimo momento di non pubblicarla. A quel punto il megazine statunitense si trovò alle strette, e decise di pubblicare per intero l’inchiesta, con tutti i dettagli che Drudge manco immaginava. Ovviamente, la pubblicò online.

Da allora c’è stata una corsa dei vari gruppi editoriali all’allestimento di un proprio spazio recintato su internet, in modo che ogni scoop possa essere pubblicato prima su internet (per non farselo soffiare dai vari Drudge), e poi commentato sui giornali del giorno dopo. Sui giornali, d’altro canto, si rimanda agli approfondimenti online (video, grafici, immagini, registrazioni audio) in un gioco di rinvii fra l’universo cartaceo e quello web.

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